Tumore ovarico: nuova terapia mirata per le pazienti HRD positive

La scoperta, attraverso specifici test genetici, delle numerose alterazioni del DNA presenti nel tumore di una paziente sta guidando la terapia farmacologica personalizzata del carcinoma ovarico. I farmaci mirati possono infatti essere utilizzati solo se nelle cellule tumorali sono presenti specifici marcatori.  

E’ il caso della nuova terapia mirata che usa  olaparib in combinazione con il farmaco antiangiogenico bevacizumab di cui l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha recentemente approvato la rimborsabilità. 

Il nuovo farmaco è indicato per il trattamento di mantenimento di prima linea del carcinoma ovarico avanzato nelle pazienti HRD positive, cioè nelle pazienti che, sottoposte al test HRD alla diagnosi, presentano delle alterazioni nel meccanismo di riparazione del DNA causate da diversi geni tra cui anche, ma non solo, i geni BRCA. Infatti, le mutazioni dei geni BRCA rappresentano solo una parte dei difetti del sistema di riparazione del DNA che i biologi chiamano HRD (deficit di ricombinazione omologa).

E i difetti del sistema di ricombinazione omologa si ritrovano in circa la metà delle pazienti con tumore ovarico avanzato di nuova diagnosi e predicono la sensibilità ai farmaci inibitori di PARP, come olaparib.

 “L’esecuzione del test HRD al momento della diagnosi ha un ruolo fondamentale perchè permette di identificare tempestivamente le pazienti che possono beneficiare di questo trattamento in grado di controllare la malattia a lungo termine, ritardando la ricaduta e con una buona qualità di vita - sottolinea la prof.ssa Nicoletta Colombo, Direttore del Programma di Ginecologia Oncologica dello IEO  di Milano  e professore associato all’Università Milano Bicocca - Quindi, conoscere lo status di HRD attraverso il nuovo test HRD è fondamentale per la selezione delle pazienti che possano utilizzare questa terapia”

La decisione di AIFA si basa sui risultati dello studio Paola1 di fase III che ha dimostrato che la nuova terapia di combinazione olaparib + bevacizumab riduce il rischio di progressione della malattia o il rischio di morte del 67%.

Nelle pazienti con carcinoma ovarico avanzato HRD positivo l’aggiunta di olaparib ha portato la sopravvivenza libera da progressione a una mediana di oltre 3 anni, cioè a 37,2 mesi rispetto ai 17,7 con bevacizumab da solo - ha confermato la prof.ssa Nicoletta Colombo – Per le pazienti è molto importante poter utilizzare una terapia di mantenimento perché circa il 70% delle donne con tumore ovarico avanzato va incontro ad una recidiva entro 2 anni. I dati dello studio hanno dimostrato anche un miglioramento significativo dal punto di vista statistico del tempo della seconda progressione di malattia che si attesta a 50,3 mesi rispetto ai 35,3 mesi con il solo antiangiogenico.”

Il nuovo farmaco raggiunge quindi uno dei principali obiettivi della cura del tumore ovarico quando la guarigione non è più possibile: rallentare la crescita del tumore nelle pazienti che sono in stadio avanzato e che già hanno fatto delle terapie in precedenza, per guadagnare tempo prezioso e ritardare il più possibile una recidiva o un'ulteriore progressione della malattia.

Olaparib è stato il primo farmaco Parp Inibitore ad essere approvato inizialmente solo per le pazienti con tumore ovarico BRCA mutato mentre ora l’indicazione è stata estesa a tutti i tumori ovarici che risultano HRD positivi e che rappresentano la metà di tutti i tumori ovarici più comuni.

Diventa quindi fondamentale per le pazienti poter accedere al test genetico HRD.

La rimborsabilità del farmaco olaparib  è stata approvata anche per il carcinoma della prostata metastatico, il cancro più frequente nella popolazione maschile (36 mila casi nel 2020) perché questa neoplasia ha caratteristiche genetiche in comune con il tumore ovarico cioè alterazioni su una gamma di geni coinvolti nella riparazione del DNA in grado di guidare la scelta della cura.

Va precisato comunque che la rimborsabilità di olaparib è stata approvata come monoterapia solo nei pazienti con carcinoma prostatico metastatico BRCA1/2 mutato e in progressione dopo una precedente terapia ormonale con enzalutamide o abiraterone.