di Nicoletta Cerana

I tumori ginecologici — utero, ovaio, cervice, vulva, vagina — non sono soltanto una sfida clinica. Sono, troppo spesso, anche una battaglia sociale e culturale che le donne si trovano ad affrontare in solitudine, nel silenzio o nella vergogna. Un silenzio imposto dallo stigma, dai pregiudizi e dall’ignoranza che ancora oggi gravano su queste malattie, colpendo le pazienti ben oltre il piano fisico.
Lo Stigma legato ai tumori ginecologici è multiforme e a questo nemico invisibile e potentissimo la Società Europea di Ginecologia Oncologica e la rete delle associazioni europee Engage dedicano la Giornata Mondiale sui Tumori Ginecologici 2025.

Lo Stigma è culturale, sociale, linguistico. Agisce sottilmente, ma con violenza, alimentando tabù, ignoranza, colpevolizzazione. La donna colpita da un tumore dell’apparato genitale e riproduttivo viene guardata con sospetto, pietà o imbarazzo. Perde, agli occhi della società, non solo la salute, ma anche il ruolo di madre, di amante, di essere sessuale. La sua identità viene inquinata dal pregiudizio.
Spesso la malattia viene associata a un fallimento: "non è più fertile", "non è più desiderabile", "non è più donna". Ma chi decide cosa definisce la femminilità? La maternità? Il sesso? Il ciclo mestruale? Lo stigma, invece di aiutare le donne, le giudica. Le spoglia della loro complessità per ridurle a un corpo malato, scomodo, di cui è meglio non parlare troppo.

Prevenzione ostacolata dal tabù

Lo Stigma ha conseguenze drammatiche sulla prevenzione. Se una patologia è avvolta da imbarazzo e silenzio, molte donne eviteranno di affrontarla. Salteranno i controlli. Non faranno domande. Resteranno in balia della paura e dell’ignoranza. La diagnosi arriverà tardi, e la prognosi sarà peggiore. In questo modo, lo stigma diventa una vera e propria minaccia alla salute pubblica.

Una comunicazione spesso inadeguata, quando non offensiva

In molti casi, anche quando si parla di tumori ginecologici, lo si fa con un linguaggio sbagliato, impreciso, talvolta offensivo. Si banalizza, si ironizza, si scade nel volgare con gesti e battute che ridicolizzano il dolore delle pazienti, offendendo ogni donna, malata o meno. La comunicazione sulla salute non può e non deve diventare un’occasione per fare spettacolo sulla pelle delle donne. La dignità, il dolore, la speranza e il corpo femminile non sono mai uno scherzo.

Il bisogno di rispetto, ascolto e diritti

Contrastare lo Stigma significa cambiare il modo in cui parliamo delle malattie ginecologiche. Serve una comunicazione consapevole, rispettosa, empatica. Serve informazione scientifica corretta, accessibile. Ma serve anche e soprattutto una nuova cultura del corpo femminile, che non riduca la donna alla sua funzione riproduttiva, che non giudichi la sua sessualità, che non la umili quando si ammala.
Ogni donna ha diritto a vivere la propria malattia senza essere colpevolizzata. Ha diritto a sentirsi ancora sé stessa. Ha diritto a un sistema sanitario che la ascolti, a una società che non la isoli, a un linguaggio che la rappresenti con verità e rispetto.

Il coraggio di parlare bene

Rompere il silenzio, sì. Ma farlo bene. Non servono urla o volgarità per fare prevenzione. Servono parole giuste, spazi sicuri, volti autentici. Servono medici, giornalisti, attivisti e cittadini che scelgano la responsabilità al posto del sensazionalismo. Perché ogni volta che si parla male di queste malattie, si aggiunge dolore al dolore. Ma ogni volta che se ne parla con rispetto, si costruisce consapevolezza, solidarietà e forza.
Combattiamo insieme lo Stigma, perché ogni donna merita di essere vista, ascoltata, curata e rispettata. Sempre.