TRATTAMENTO CHIRURGICO

La chirurgia è lo step fondamentale nel trattamento del tumore ovarico. E’ utilizzata per porre la diagnosi e per la stadiazione del tumore ovarico, oltre che per rimuoverlo il più radicalmente possibile.

L’asportazione macroscopicamente totale della malattia aumenta la sopravvivenza della paziente e va effettuata da un team di chirurghi oncologi ginecologi specializzato in questo tipo di tumore. Se la malattia viene asportata radicalmente, il guadagno in termini di sopravvivenza per la paziente arriva a 40 mesi rispetto a pazienti in cui l’intervento chirurgico non ha asportato completamente la malattia.

  • Tipologia dell’intervento chirurgico 

A seconda dell'età della paziente e dello stadio a cui la malattia viene scoperta, il chirurgo può decidere per diversi tipi di interventi, più o meno invasivi.

La chirurgia conservativa è possibile soltanto in alcuni casi ben selezionati. In particolare, è possibile negli stadi precoci e per le donne che intendono ancora avere figli; può essere effettuata anche con tecniche mini-invasive come la chirurgia robotica e la laparoscopia. In questo caso c'è un piccolo aumento del rischio di recidive rispetto alla chirurgia radicale e la necessità di sottoporsi ad un follow-up intensivo.

Nei casi in cui il carcinoma ovarico si presenta in stadio avanzato, il medico può decidere per un intervento di citoriduzione.

La citoriduzione primaria si effettua nei casi in cui la malattia si è diffusa nella pelvi e nella cavità addominale e ha l'obiettivo di asportare tutta la malattia macroscopicamente visibile. Questo tipo di intervento viene eseguito attraverso un accesso invasivo laparotomico che permette maggiori visibilità e spazio di manovra chirurgico. La prognosi e la sopravvivenza di queste pazienti sono correlate al tumore residuo di questo primo intervento chirurgico. Per questa ragione è molto importante che la chirurgia citoriduttiva sia eseguita correttamente da una equipe di ginecologi oncologi specializzati nella cura di questi tumori.

La citoriduzione d’intervallo ha lo scopo di rimuovere tutta la malattia visibile, come nel caso della citoriduzione primaria, ma si effettua dopo il trattamento chemioterapico neo-adiuvante. Questo approccio viene applicato quando il trattamento chirurgico in prima istanza viene considerato troppo aggressivo o impossibile.

La citoriduzione secondaria riguarda invece le pazienti con recidiva di neoplasia ovarica, già sottoposte in passato a intervento di citoriduzione. Per individuare e localizzare le recidive di malattia la paziente deve sottoporsi a rigorosi controlli radiologici, ematologici e clinici, effettuati da specialisti esperti nella cura del tumore dell'ovaio.

Anche nelle pazienti con malattia allo stadio iniziale, la chirurgia svolge un ruolo fondamentale. Permette infatti una corretta stadiazione al fine di impostare un adeguata gestione  post-operatoria. Inoltre, in mani esperte, l’approccio chirurgico può essere “modulato” in funzione della diffusione di malattia, dell’età della paziente e del suo desiderio riproduttivo 

TERAPIA MEDICA

La chemioterapia è, insieme alla chirurgia, uno dei cardini nel trattamento del carcinoma ovarico e si avvale, in prima istanza, di un trattamento farmacologico a base di paclitaxel e carboplatino. Altri farmaci come la doxorubicina liposomiale peghilata e la gemcitabina sono più spesso utilizzati in seconda linea dopo il fallimento del trattamento standard. Negli ultimi anni, per lo più in associazione alla chemioterapia, si sono affermate nuove terapie.

Terapia anti-angiogenica

Come per altre forme di cancro, anche per il tumore ovarico un bersaglio molto importante è rappresentato dall’angiogenesi, ovvero dalla crescita dei vasi sanguigni creati dal tumore per rifornirsi delle sostanze nutritive e dell’ossigeno di cui ha bisogno per crescere e diffondere. La terapia anti-angiogenica, legando e inibendo una molecola chiamata VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare), aggredisce la malattia arrestando il processo di sviluppo dei vasi sanguigni. L’uso del trattamento anti-angiogenico con Bevacizumab (anticorpo monoclonale che lega il VEGF) in aggiunta al trattamento chemioterapico offre alle pazienti un’ulteriore opzione terapeutica.

Terapie a bersaglio molecolare

Accanto agli antiangiogenetici, negli anni più recenti la terapia del tumore ovarico è stata ulteriormente rivoluzionata dall’avvento degli inibitori di PARP (l’acronimo deriva da poli-ADP ribosio polimerasi), farmaci a bersaglio molecolare la cui azione consiste nell’annullamento dei meccanismi di riparazione del DNA nelle cellule neoplastiche con la conseguente morte delle cellule tumorali.  Questi farmaci hanno dimostrato di essere particolarmente efficaci non solo nei casi in cui la malattia risulta provocata da una alterazione dei geni BRCA1 e BRCA2 ma anche indipendentemente dalla presenza di mutazione genetica.  Lo scopo principale di queste terapie, dette di mantenimento, è quello di ridurre il rischio di recidiva che si stima avvenga nel 90% dei casi, mantenendo una buona qualità della vita delle pazienti.

 

BENESSERE PSICOLOGICO

Trattamento non significa solo intervento chirurgico e farmacologico ma anche altri tipi di supporto sia fisico che psicologico a seconda delle esigenze della paziente: da un supporto psicologico individuale a gruppi psico-educazionali per arrivare alla psicoterapia di gruppo e a un supporto alle coppie. Vivere una dimensione di gruppo aiuta psicologicamente ad eliminare il senso di solitudine e di esclusione che spesso nasce già al momento della diagnosi di tumore e rivitalizza fisicamente grazie a sedute dedicate a tecniche di rilassamento muscolare e tecniche di respirazione.

 

QUALITA' DI VITA

Con le nuove terapie, le pazienti sopravvivono più a lungo e acquista sempre maggiore importanza la loro qualità di vita.  E’ noto infatti che le pazienti che seguono uno stile di vita corretto rispondono meglio alle terapie e hanno un migliore decorso della malattia. Per questo, accanto ai percorsi di cura convenzionali, oltre al benessere psicologico, si pone attenzione all’alimentazione, a terapie fisiche come linfodrenaggi e cure di oncoestetica, ad attività che aiutano il rilassamento, la respirazione e la concentrazione, a tecniche di meditazione e mindfulness, oltre al movimento, che può comprendere attività come lo yoga o il walking o altre attività “dolci”, e il cui effetto sul benessere psicofisico sulle pazienti è provato. Ma non vanno dimenticate tutte quelle attività di gruppo che aiutano lo scambio di esperienze tra pazienti facendole sentire meno sole.  Queste “cure oltre le cure” aiutano a migliorare la qualità di vita e i risultati terapeutici di cura, alleviano l’ansia legata alla malattia e lo stress delle cure migliorando il tono dell’umore.