Test genomici negli studi clinici
Con il patrocinio di Acto e delle principali società scientifiche del settore si è tenuta lo scorso 2 Luglio a Milano, la XVIII riunione nazionale del gruppo cooperativo italiano di Ginecologia Oncologica “MaNGO” (Mario Negri Ginaecological Oncology Group) in cui ricercatori, clinici e chirurghi hanno fatto il punto della situazione sulle nuove frontiere della ricerca di base e della ricerca traslazionale in oncologia ginecologica.
Grazie alle nuove tecnologie, la ricerca di base è riuscita a studiare non solo le regolazioni genetiche ma anche quelle epigenetiche, cioè quelle regolazioni della funzionalità del DNA che si basano sulla metilazione del DNA. La metilazione del DNA è paragonabile ad una sorta di passaporto molecolare che dice l’origine primitiva delle cellule tumorali. E questo ha un effetto anche sul decorso della malattia. Importanti studi appena pubblicati hanno dimostrato che il tumore sieroso di alto grado che si origina dalle tube ha un profilo di metilazione e quindi di regolazione genica diverso da quello che origina dalla superficie dell’ovaio.
La ricerca traslazionale è quella branca della ricerca scientifica che cerca di applicare negli studi clinici le informazioni molecolari ottenute dalla ricerca di base per migliorare la terapia e la cura dei pazienti. Due argomenti hanno catalizzato l’attenzione: il test per la “genomic scar” e la biopsia liquida che saranno utilizzati in tutti gli studi clinici coordinati dalla rete MaNGO.
Il test per l’analisi della “genomic scar” verrà utilizzato dai ricercatori per stratificare all’esordio le pazienti che possono beneficiare di terapia con PARP inibitori (PARPi). Se nel DNA del tumore è evidente una cicatrice genomica (in inglese “genomic scar”) che testimonia un pregresso difetto di funzionamento del sistema di riparazione omologa del DNA, allora la paziente potrà beneficiare della terapia con PARP inibitori.
Il test della biopsia liquida verrà invece utilizzato per seguire, attraverso un semplice prelievo di sangue, l’evoluzione della malattia nel tempo e poter così anticipare non solo la diagnosi di recidiva ma anche riuscire a dare per la prima volta delle informazioni sulle caratteristiche molecolari della malattia al momento della recidiva.